Dazi 15 % - Accordo USA-UE: tregua commerciale o resa europea?

Alla fine di Luglio, in un contesto decisamente insolito – il golf club scozzese di Donald Trump – Stati Uniti e Unione Europea hanno firmato un’intesa destinata a segnare i rapporti economici dei prossimi anni. Da una parte, si è evitata un’escalation di dazi e ritorsioni commerciali; dall’altra, resta forte il dubbio che si tratti di un compromesso “a senso unico”, che avvantaggia quasi esclusivamente Washington.

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Cosa prevede l’accordo
L’elemento centrale è l’introduzione di una tariffa standard del 15% su quasi tutte le esportazioni europee verso gli USA. Ma dietro questa misura, già significativa, si nasconde un pacchetto molto più ampio di concessioni da parte europea:
Dazi al 15% su gran parte dei beni europei in ingresso negli Stati Uniti.
Nessun dazio per i prodotti americani esportati in Europa.
Impegno a investire 600 miliardi di dollari in progetti sul territorio statunitense.
Acquisto di energia made in USA per 750 miliardi di dollari nei prossimi anni.
Forniture militari americane da acquistare, con entità ancora non quantificata.
In pratica, più che un accordo commerciale, sembra un pacchetto di impegni europei a beneficio diretto degli Stati Uniti.
I settori più colpiti
Il dazio del 15% non fa distinzioni particolari: viene applicato in modo uniforme a quasi tutte le merci. Alcune categorie, tuttavia, risultano più penalizzate di altre:
Auto e componentistica (particolarmente rilevante per le case tedesche come Volkswagen, BMW e Mercedes, che già subivano tariffe elevate).
Farmaceutica.
Semiconduttori e tecnologie avanzate.
Alcuni comparti, invece, restano esclusi o ottengono trattamenti speciali:
Aerospazio (aerei e parti di ricambio).
Alcuni prodotti chimici.
Una selezione di farmaci generici.
Macchinari per la produzione di semiconduttori.
Prodotti agricoli specifici.
Materie prime e risorse naturali considerate critiche.
Da notare che acciaio e alluminio europei restano soggetti a tariffe del 50%, con l’ipotesi futura di un sistema a quote.
Perché l’Europa ha accettato?
Guardando i numeri, è difficile non vedere l’accordo come uno scambio squilibrato. L’Europa paga dazi, promette investimenti e acquisti miliardari, mentre gli Stati Uniti ottengono accesso libero al mercato europeo.
La risposta sta nella difficoltà dell’UE di presentarsi come blocco compatto. Le divisioni interne hanno indebolito la posizione negoziale:
Francia: favorevole a una linea dura contro Trump.
Germania: più cauta, temendo contraccolpi per le sue esportazioni.
Italia: tentativo di mediazione tramite i rapporti privilegiati di Giorgia Meloni con Washington, senza risultati concreti.
Il negoziatore europeo Maroš Šefčovič ha passato mesi in trattative estenuanti a Washington, ma il risultato finale somiglia più a una capitolazione che a un compromesso.
Il confronto con la Cina
Interessante il parallelo con Pechino. Quando Trump impose dazi monstre fino al 145% sui prodotti cinesi, la Cina decise di resistere, accettando l’impatto economico senza cedere a compromessi. Alla lunga, questa scelta ha costretto gli Stati Uniti a rivedere le proprie posizioni senza ottenere grandi concessioni.
L’Europa, al contrario, ha preferito piegarsi per evitare una guerra commerciale, anche a costo di sacrificare molto.
In sintesi
L’UE ha evitato lo scenario peggiore: una guerra commerciale su larga scala.
Tuttavia, le condizioni accettate sembrano pesantemente favorevoli agli USA.
La mancanza di coesione interna continua a rappresentare l’anello debole della politica economica europea.
In conclusione, più che un successo diplomatico, questo accordo rischia di essere ricordato come un’occasione persa per l’Europa di mostrarsi unita e capace di trattare alla pari con la prima potenza economica mondiale.
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